I protagonisti delle diciotto composizioni di Giancarlo sono i monumenti, le statue, i lampioni, le fontane di Roma, avvolti in un’atmosfera rarefatta, colti nella loro metafisica presenza. Tutte le grandi “epoche” coesistono nel presente della città: Roma archeologica, rinascimentale e barocca, Roma risorgimentale. L’oggi si nutre di ieri e sembra incapace di proiettarsi nel domani. Epochè vuol dire anche “sospensione del giudizio”, “messa tra parentesi” e Giancarlo è molto abile in questo esercizio di riduzione fenomenologica: la narrazione si risolve in una sequenza di fotogrammi che assumono vari aspetti della città sub specie aeternitatis. Colpisce la forza evocativa del bianco e nero, l’assenza della componente umana evocata solo attraverso le sue oggettivazioni storiche e culturali, la compostezza estetica di queste immagini, in cui Roma svela qualcosa di sé, senza divenire mai oggetto di una visione totale. Non ci può essere verità nella luce dispiegata del giorno: l’a-lètheia è dis-velamento, sembra ricordarci Giancarlo, per cui qualcosa si dà a vedere staccandosi da uno sfondo che rimane oscuro. Non si tratta di foto che descrivono stati di cose, ma di significanti onirici (per la psicoanalisi, Traum è “sogno”), che nel rivelare la verità, la nascondono: il lavoro dell’interpretazione non potrà mai restituirne il contenuto latente, impossibile trovarne il “significato” univoco. Il desiderio che si insinua tra le maglie di questi sogni manifesti cerca un appagamento nei nostri sguardi e genera catene di significanti che rimandano ad altri significanti. Le immagini di Giancarlo, come del resto i sogni, ci interrogano assai più di quanto non rispondano alla nostre domande. Le sue “visioni” romane - sempre di Traüme si tratta - non si prestano ad una lettura monopolizzante, ma si offrono al fruitore come una inesauribile riserva di senso. Antico o moderno? Fine o rinascita? Proporzione o dismisura? Estasi o distacco? Sono solo alcune delle oscillazioni a cui immaginazione e sentimento si lasciano andare sul far del giorno o al crepuscolo, in attesa che i sogni lascino il posto alle rappresentazioni chiare e distinte della mente. Gianluca Valle